Definire un modello BIM: il BIModello
Abbiamo detto, nel precedente post, che nell’acronimo BIM si celano tre diverse dimensioni: il Modello, la Modellazione e il Management delle Informazioni. In questo post spiegheremo quali caratteristiche deve possedere un modello affinché si possa considerare consono al metodo BIM, cioè qual è e com’è fatto il deliverable del processo di Modellazione BIM?
Per chiarezza espositiva chiameremo d’ora in poi “BIModello” il modello BIM.
Partiamo da ciò che, per la maggior parte di noi, la parola modello significa. Una classica definizione da dizionario di “Modello” è la seguente: qualsiasi oggetto reale o digitale che un artigiano o un operaio ha dinanzi a sé per costruirne un altro uguale o simile, con la stessa materia o con materia diversa, nelle stesse dimensioni o in dimensioni diverse, generalmente maggiori. Permette di studiare, analizzare, interpretare, ritrarre il modello; copiare fedelmente il modello; attenersi al modello. Sinonimi: prototipo.
Il BIModello non si discosta dalla definizione appena data ma ne evolve il significato sia in termini di funzionalità offerte che di proprietà possedute, cerchiamo allora di capire quali le novità.
Funzioni del BIModello
Cominciamo con l’estrapolare le caratteristiche di base dalla definizione generale di modello: il BIModello nello specifico è una rappresentazione digitale utile allo studio e analisi delle soluzioni progettuali che una volta approvate guideranno la costruzione.
Prima osservazione da fare è che un BIModello, in quanto deliverable del metodo BIM, non esaurisce le sue funzioni come strumento di analisi e di guida ma ne offre di ulteriori, in particolare restituisce enormi benefici quando viene utilizzato come strumento di:
- archiviazione dati;
- coordinamento in fase di progettazione (si pensi alla clash detection);
- gestione e controllo del costruito (si pensi a tutte le funzionalità offerte durante l’uso dell’ambiente costruito: pianificazione e controllo manutenzione, controllo consumi energetici, domotica, ecc.).
In questo senso il BIModello deve essere capace di assolvere funzionalità più complesse di un semplice modello. Cerchiamo ora di capire come questo può avverarsi, cioè identifichiamo che proprietà deve avere un BIModello.
Proprietà di un BIModello
Un’importante riflessione va fatta su come le funzionalità del BIM (visualizzazione 3D, analisi, studio, coordinamento, gestione e controllo, ecc.) possano essere messe in atto. Tutti le funzioni del BIM hanno un’unica radice: i dati, o meglio i dati inerenti l’ambiente costruito (Building Information). I dati nient’altro sono che informazioni, quindi il BIModello deve essere costruito con informazioni, ma la vera rivoluzione del metodo BIM è che il BIModello deve essere costruito con informazioni provenienti da più discipline e professionisti. Solo così è possibile ottenere i benefici della collaborazione. Ecco perché diciamo che il BIM facilita la comunicazione, anche se, forse, è meglio dire che è il BIM ad essere facilitato dalla comunicazione tra i professionisti, che ne traggono vantaggio reciproco.
Ecco che entriamo nella dimensione più ampia di BIM: il Management delle Informazioni, che è un tema che copre tutto il ciclo di vita del costruito (pianificazione, progettazione, costruzione, gestione e uso, riqualificazione, demolizione, smaltimento rifiuti). E’ da questo livello di discorso che dobbiamo partire per comprendere a fondo che proprietà deve avere un modello per essere definito un BIModello.
Con quest’ottica in mente, dovremmo capire subito perché un BIModello, per assolvere le sue funzioni, deve necessariamente essere:
- un “contenitore” di informazioni provenienti da più professionisti e organizzazioni (committenti, architetti, ingegneri, costruttori, gestori, produttori, ecc..);
- condivisibile con altri professionisti (e questo naturalmente deve prescindere dalla scelta software fatta da chi crea le informazioni e da chi le riceve); e
- con vita almeno pari a quello dell’ambiente costruito, ciò può voler dire anche cento e più anni (e naturalmente questo implica che la vita del BIModello deve prescindere dalla sopravvivenza sul mercato della software house proprietaria dell’applicativo con cui questi dati vengono creati).
Il tema che stiamo trattando è quello dello scambio dei dati di prodotto. Il problema di come rendere possibile lo scambio informativo, interoperabile e garantito nel tempo, è stato discusso e sperimentato a partire degli anni ’90, di pari passo con l’aumento dell’impiego di tecnologie informative (IT). Nel 1997 Boing e Aircraft ne dimostrano per la prima volta la fattibilità in un progetto pilota denominato AeroSTEP.
Il tipo di struttura dei dati utilizzato in AeroSTEP viene poi affinato e arricchito con contributi di esperti internazionali fino a diventare norma ISO 10303, oggi comunemente chiamata norma STEP e che comprende numerosissime diverse “estensioni”. ad esempio la ISO 10303-235 descrive le proprietà ingegneristiche di un qualsiasi prodotto.
Secondo questa famiglia di standard, il sistema migliore per salvare (per sempre) e condividere (tra tutti) informazioni tecniche è quello di utilizzare sempre la stessa metodologia di rappresentazione che utilizza un linguaggio informatico comune. Tale linguaggio è noto come EXPRESS, a sua volta definito nella sezione di norma ISO 10303 parte 21 e seguenti ed è utilizzato dagli sviluppatori dei software ed è adottato anche per lo standard IFC. La metodologia STEP, applicata poi a specifici settori industriali, porta alla possibilità di uniformare la rappresentazione di “oggetti ricorrenti” come può essere la descrizione di una pompa centrifuga o di una finestra. BUILDINGSmart ha lavorato alla descrizione standardizzata di oggetti del mondo delle costruzioni che permette di abbinare le informazioni ricorrenti, direttamente a “oggetti BIM” che poi possono essere relazionati tra loro. Ed è questa, in estrema sintesi, la proprietà caratterizzante un BIModello. A differenza del classico modello 3D e/o da qualsiasi altra rappresentazione grafica, un BIModello ha la capacità di “trasportare” informazioni collegate ad ogni elemento (oggetto) del modello.
Un BIModello pertanto è molto diverso da semplici rappresentazioni 3D di un ambiente costruito. A titolo di esempio si noti come le seguenti rappresentazioni NON possono essere considerate BIModelli anche se, va detto, sono tecniche comunque utilizzate all’interno dei processi di Modellazione BIM:
- modelli fatti con tecnologie LINAR (Laser Imaging Detection and Ranging) o similari, che creano la famosa nuvola di punti. Questo tipo di modello è molto utilizzato come input grafico e spaziale su cui costruire il BIModello vero e proprio soprattutto in casi di modellazione dell’esistente;
- modelli fatti con strumenti di disegno vettoriale. Questi modelli vengono utilizzati in alcuni applicativi BIM sopratutto per le analisi strutturali;
- modelli fatti con superfici;
- modelli fatti con strumenti di modellazione solida. Anche in questo caso questi strumenti si integrano al metodo BIM fornendo gli input grafici e di dimensione per la creazione di oggetti BIM necessari alla costruzione del BIModello. Esistono casi in cui bisogna modellare forme complesse come per esempio in alcune opere di elevato pregio artistico che presentano elementi architettonici di forme particolari. Queste particolari forme a volte non sono modellabili all’interno dei comuni software di modellazione BIM e quindi si usano software specifici di modellazione solida.
Conclusioni:
Riassumendo quanto detto, elenchiamo le caratteristiche fondamentali che un BIModello deve:
- avere tridimensionalità;
- essere costruito da oggetti a cui sono abbinate le informazioni;
- specificare relazioni e gerarchie tra gli oggetti del modello;
- incorporare informazioni di varie discipline dell’industria;
- essere interoperabile;
- descrivere una costruzione di qualsiasi genere (infrastruttura, opera civile, ecc..).
Riflessione sugli applicativi di BIModellazione:
Nel mercato esistono molti software in grado di creare un BIModello. Bisogna però fare molta attenzione perché alcune software house appaiono notevolmente in ritardo sulla capacità di interoperabilità dei dati che generano. È curioso notare come proprio le software house che controllano la fetta di mercato maggiore sono quelle meno propense a sposare l’interoperabilità.
L’associazione IBIMI è fermamente convinta che il cambiamento dell’industria non possa prescindere da uno scambio informativo fluido tra professionisti, questo vuole dire anche interoperabilità ei dati generati dai vari strumenti informatici. È evidente che ogni attività economica sia spinta verso la massimizzazione del profitto, e quindi è accettabile, seppur discutibile, l’idea che una software house decida di non sposare l’interoperabilità, cercando di proteggere la propria fetta di mercato. Infatti, impedendo di spostare i dati verso piattaforme concorrenti, si impone l’uso di software della stessa casa anche ai partner di progetto. Possiamo invece dire a gran voce che è assolutamente scorretto e contro il bene dell’industria e dei cittadini fare cattiva informazione, dicendo che l’interoperabilità è un’utopia o cercando di convincere gli utenti che l’unico modo di “fare BIM” sia quello di acquistare il proprio software.
In quanto a funzionalità offerte, molti BIModellatori hanno raggiunto livelli di capacità molto simili tra loro, ma il professionista, nello scegliere il proprio BIModellatore, dovrebbe considerare seriamente la capacità di interoperabilità di quel software. BuildingSMART valuta e certifica la capacità dei BIModellatori di esportare ed importare file IFC, ed è possibile consultare l’elenco completo cliccando qui.